Le capacità di rivelazione a bassa energia e il bassissimo rumore di fondo dell’esperimento XENONnT ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN hanno reso possibile la prima misura di neutrini solari da parte di un rivelatore di materia oscura.
In particolare, si tratta della misura di rinculi nucleari di bassa energia prodotti dall’interazione dei neutrini provenienti dal Sole con lo xenon contenuto nel rivelatore. I neutrini sono prodotti nelle reazioni nucleari che avvengono all’interno della nostra stella, quelli studiati coinvolgono l’elemento del boro.
Il risultato, presentato oggi, 10 luglio, al workshop internazionale IDM Identification of Dark Matter 2024 in corso a L’Aquila, apre un nuovo capitolo nel campo della rivelazione diretta della materia oscura. Con questa misura, infatti, XENONnT inizia a esplorare la cosiddetta “nebbia di neutrini”, ossia a rivelare anche a quei segnali prodotti dalle interazioni dei neutrini con la massa sensibile dell’esperimento. Interazioni che rappresentano un rumore di fondo importante perché può imitare i segnali tipici della materia oscura. È quindi fondamentale misurare bene questa componente, per poter poi osservare i segnali di materia oscura in aggiunta ad essi.
Il processo osservato. I neutrini prodotti nel Sole possono interagire con i nuclei degli atomi di xenon del bersaglio di XENONnT tramite un processo chiamato diffusione elastica coerente neutrino-nucleo (CEnNS). Questo processo, compreso dal modello standard e previsto nel 1974, era stato però misurato per la prima volta solo nel 2017, a causa dei rinculi a energia molto bassa e della natura sfuggente dei neutrini, grazie all’esperimento COHERENT che aveva osservato i neutrini ad alta energia prodotti dalla Spallation Neutron Source a Oak Ridge, in Tennessee. Il risultato ottenuto ora da XENONnT segna dunque la prima misura del processo CEnNS realizzata osservando neutrini di origine astrofisica, in particolare prodotti nei processi che avvengono nel nucleo del Sole e che coinvolgono l’elemento del boro. XENONnT, il cui obiettivo scientifico è la ricerca della materia oscura, si aggiunge così alla lista degli esperimenti in grado di osservare i neutrini solari, che tipicamente sono rivelatori di masse da 10 a 500 volte più grandi.
L’analisi dei dati. L’analisi si è basata sui dati raccolti da XENONnT in un periodo di due anni, dal 7 luglio 2021 all’8 agosto 2023, che equivale a un’esposizione totale di circa 3,5 tonnellate-anno. Con esposizione si intende la quantità di materiale che viene utilizzato per osservare le particelle e la durata della presa dati: per farsi un’idea, è un po’ come avviene nell’attività della pesca, dove si considerano la dimensione della rete e il tempo che bisogna lasciarla in mare per catturare i pesci. L’analisi ha mostrato un eccesso di eventi di rinculo nucleare a bassa energia rispetto al fondo previsto, compatibile con un segnale prodotto dalle interazioni dei neutrini solari di boro-8. Il segnale rivelato ha una significatività statistica di 2,7 sigma, che corrisponde a una probabilità di circa lo 0,35% che esso non sia reale, ma dovuto al fondo.
Le prestazioni dell’esperimento. Da tempo si prevede che i neutrini solari possano essere misurati tramite i rivelatori costruiti per cercare segnali di particelle candidate a costituire la materia oscura, quando questi rivelatori raggiungono esposizione e sensibilità sufficienti. La sensibilità rappresenta la capacità di un rivelatore di osservare anche le particelle più sfuggenti: proseguendo con la metafora della pesca, è un po’ come una rete a maglie molto fini dove anche i pesci più piccoli rimangono imbrigliati.
Osservare questo debole segnale, con energie appena rivelabili negli esperimenti a xenon liquido come XENONnT, richiede ottime prestazioni del rivelatore e sofisticati metodi di discriminazione segnale-rumore. La misura conferma quindi le eccellenti prestazioni di XENONnT nel rivelare segnali rari di bassa energia.
Il contributo italiano. I gruppi INFN, coordinati da Marco Selvi della sezione INFN di Bologna, e guidati da Gabriella Sartorelli (Università e INFN di Bologna), Walter Fulgione e Marcello Messina (INFN-LNGS), Giancarlo Trinchero (INAF e INFN-Torino), Michele Iacovacci (Università e INFN di Napoli), Alfredo Davide Ferella (Università dell’Aquila) e Guido Zavattini (Università e INFN di Ferrara) fanno parte del progetto XENON fin dal 2009. I gruppi italiani sono responsabili della progettazione, costruzione e funzionamento del sistema di veto di muoni e neutroni, all’interno dello schermo di acqua, cruciali per la riduzione dei fondi ambientali e dai materiali. Hanno progettato e realizzato le varie infrastrutture presso i LNGS, e sono coinvolti nella simulazione Monte Carlo per la predizione e ottimizzazione delle prestazioni del rivelatore, e la stima delle varie sorgenti di fondo. Partecipano, inoltre, alla purificazione dello xenon, e alla infrastruttura di calcolo dell’esperimento tramite il CNAF. Sono anche coinvolti in diversi aspetti dell’analisi dati che ha portato a questi nuovi risultati di XENONnT.